"Per
favore, cerchiamo di essere rispettosi… Un abbraccio forte a tutti,
è stata un’esperienza fenomenale, strana, che non avevo mai
sentito in vita mia. A presto, perché la vita non finisce qui”,
Andrés
Escobar, El Tiempo (editoriale
scritto il 29 giugno e pubblicato il 3 luglio 1994, un giorno dopo la
sua morte)
L'autogol di Escobar nella partita contro gli USA |
Los Angeles (Pasadena), Rose Bowl stadium, 22 giugno 1994. Si gioca Colombia – USA davanti a più di novantatremila spettatori sugli spalti. In palio c'è l'accesso agli ottavi di finale dei Mondiali. E' il 35' del primo tempo: il centrocampista statunitense John Harkes, si libera sulla fascia sinistra e improvvisa un cross basso nel cuore dell’area colombiana. La difesa dei "Los Cafeteros (soprannome dei calciatori colombiani) – letteralmente chi fa o beve il caffé" è leggermente sbilanciata, il pallone arriva al centro dell'area dove il difensore Andrés Escobar, impaurito dal possibile arrivo di un attaccante statunitense alle sue spalle, entra in scivolata e, sfortunatamente, devia il pallone nella propria porta, per il più clamoroso e sfortunato degli autogol. 1-0 per gli USA. Lo stadio esplode di gioia, la Colombia intera ammutolisce. Escobar rimane a lungo steso a terra, impietrito. In quel momento una partita di calcio si trasforma in un dramma. Il primo a capirlo è un bimbo, Felipe, il figlio della sorella di Escobar, che dalle gradinate dello stadio dove l'Italia perderà in finale col Brasile, confida alla mamma: "Mami, a Andrés lo ammazzeranno". "Il calcio non è come la Corrida. Qui nessuno muore", fu la risposta esaustiva di mamma Maria Ester. La partita finirà con la vittoria degli statunitensi per due a uno. Ad evitare alla Colombia l'eliminazione dai Mondiali non servirà il risultato della terza e ultima partita poi vinta contro la Svizzera.
Intorno alla nazionale colombiana si era iniziato a creare da diverso tempo un giro losco di criminalità legata alle scommesse e al narcotraffico, che aveva spesso interferito con la normale attività sportiva; i primi segnali destabilizzanti si erano già visti parecchio tempo prima, quando Pablo Escobar, boss colombiano con in mano il controllo del traffico di droga mondiale, mise gli occhi sulla squadra di calcio dell'Atlético Nacional di Medellìn usata per riciclare il denaro sporco dei proventi della droga; non a caso, infatti, la squadra di Medellìn iniziò una lenta e inesorabile scalata al successo. L’ascesa fu talmente vertiginosa che, nel 1989, l’Atlético Nacional vinse la Copa Libertadores e raggiunse la finale della Coppa Intercontinentale, persa soltanto allo scadere dei tempi supplementari contro il Milan
La mattina prima della gara con gli Stati Uniti la situazione degenerò, e un fax anonimo raggiunse la nazionale colombiana: il fax minacciava di far saltare in aria la casa di Maturana se Gomez avesse giocato. Maturana, sconcertato per questa seconda minaccia di morte, scelse di far accomodare Gomez in panchina. Alla fine Gomez non giocò e in campo si assistette alla fine di un ciclo. La Colombia sconfitta per 2-1 venne eliminata. Aveva ragione il piccolo Felipe. Dieci giorni più tardi, la sera del 2 luglio 1994, il giocatore si recò a un ristorante di Las Palmas, un quartiere di Medellìn, in compagnia della fidanzata e di un'amica. Qui, nel locale, iniziò un diverbio con tre uomini che lo accusarono di essere il maggiore responsabile dell’eliminazione della Colombia, a causa di quel maledetto autogol: una volta terminata la lite però, Escobar si diresse verso l’auto per fare rientro a casa non sospettando nulla. Proprio davanti alla sua macchina, in un buio parcheggio, con in sottofondo l’esclamazione “grazie per l’autogol!” i tre uomini gli spararono sei colpi di mitraglietta uccidendolo sul colpo. Una volta compiuto l’omicidio, i tre fuggirono su una jeep Toyota che fu ritrovata in seguito e che risultò essere stata rubata. La morte di Andres Escobar sarebbe stata ordinata da un clan di scommettitori che avevano investito grosse somme sulla qualificazione della Colombia agli ottavi del Mondiale statunitense. Il dissidio fra allibratori e scommettitori sostanzialmente rifletteva quello in atto fra i due cartelli rivali, quello di Cali e quello di Medellìn con quest’ultimo impegnato a non perdere la propria supremazia territoriale. Lo sventurato autogol avrebbe giovato agli allibratori quantomeno per evitare un disastro economico, mentre il clan degli scommettitori di Medellìn, sul lastrico dopo l’eliminazione della Colombia, l’avrebbe fatta pagare al calciatore. Quando però tutte le indagini sembravano portare ad una pista certa, saltò fuori il nome dell’assassino: Humberto Muñoz Castro, ex guardia giurata, reo confesso, condannato a quarantatré anni e cinque mesi di carcere e successivamente scarcerato nel 2005, tra i sospetti della stampa e le proteste dei tifosi. Il caso venne ufficialmente chiuso come una follia dovuta all’eccessiva passione calcistica. Francisco Maturana disse: “Ormai la Colombia è un manicomio permanente”. Ai funerali di Andrés parteciparono 120mila persone, c’era anche César Gaviria Trujillo, presidente di una Repubblica violenta.
Sabino Bisso
FOCUS – Andrés
Escobar (Medellìn, 13 marzo 1967 – 2 luglio 1994)
Andrés
Escobar era un onesto difensore, colonna del
Nacional di Medellìn avversario del Milan nella finale
Intercontinentale del 1989, titolare della maglia numero 2 nei
Mondiali di Italia '90 e USA '94, ricordato per aver alzato al cielo
nell'89 la Copa Libertadores (la Champions League sudamericana) e per
aver segnato l'anno prima a Wembley, di testa, uno storico gol per
l'altrettanto storico pareggio della "piccola" Colombia in
casa dei "Maestri" inglesi. Aveva anche tentato, senza
troppa fortuna, l'avventura europea, tanto che i Mondiali del '90 li
giocò dopo aver disputato una stagione con gli svizzeri dello Young
Boys Berna. Ma se a Italia '90 la Colombia era stata un'autentica
rivelazione, l'eliminazione a USA '94 rappresentò il fallimento di
una squadra e di una generazione. Prima di diventare, incredibilmente
e tragicamente, la tomba di Andrés Escobar. Che per uno scherzo del
destino, così chiudeva la sua corrispondenza dagli States per il
quotidiano El Tiempo di Bogotà, dopo la sconfitta con gli USA di
quel 22 giugno che gli sarebbe risultata fatale. "Lotto perché
si mantenga il rispetto. Un abbraccio forte a tutti. La vita non
finisce qui". Purtroppo non era vero.
Fonti: -
instoria.it/home/andres_escobar_mondiali_usa.html
-ilcatenaccio.es/it/2013/07/11/andres-escobar-il-gentiluomo-ucciso-dal-narcofutbol/
-
SUPERMONDIALE- USA '94 La Gazzetta dello Sport - PANINI
Non è al Colombia ad essere un manicomio permanente, è tutto ciò che ruota intorno al calcio. Prendiamo l'esempio di questi mondiali (appena conclusi, finalmente, per l'Italia), pensiamo a quella che un moderato definirebbe passione calcistica e pensiamo a quanti danni ha fatto e fa questa passione. Abbiamo portato uno sport (un gioco che le persone dovrebbero utilizzare solo per puro divertimento e per mantenersi in forma) ai livelli della religione (fanno gli stessi danni) e tutto questo per quale motivo?
RispondiEliminaPerchè abbiamo bisogno di distrarci dai problemi reali? Forse, però il punto è che in questo modo i problemi si stanno moltiplicando, ma tanto che può fare una pallone da calcio? Possibile che abbia tutto questo potere?
Il motivo è presto detto. Da recenti indagini statistiche è risultato che solo in Italia il calcio è la dodicesima industria del Paese: ogni anno muove 9 miliardi di euro, dà lavoro a circa 500 mila persone e versa un miliardo e 30 milioni di euro allo Stato come contributo fiscale e previdenziale. E' chiaro, no? Aggiungo che se negli stadi si andasse come si va a teatro tutto sarebbe più semplice. In Inghilterra lo hanno capito in poco meno di trent'anni: stadi di proprietà alle società di calcio e i violenti fuori dalle curve. E se un tifoso fa danni, mettendo in pericolo la sua incolumità e quella altrui, finisce in galera.
EliminaAnche le sigarette danno tutte queste entrate allo stato e forse (dico forse) il numero di morti che fanno è di poco maggiore...
Eliminabravo Sabino, questo pezzo è veramente bello, si scoprono cose incredibili guardando al mondo del calcio, sporco quanto le latrine dello Zen
RispondiEliminagd
Caro Giorgio grazie. A me non piace pensare allo sport e al calcio come business. Si può vincere o perdere una partita, e chissenefrega. Per me resta il lato romantico di un pallone a spicchi che rotola su un campo verde.
EliminaSe in Italia ci indigniamo per il calcio, che può sembrare una buffonata, in Sudamerica è molto peggio che in Europa. Laggiù non si scherza. E la vicenda raccontata sopra è un pugno allo stomaco. A pensarci dopo vent'anni fa vengono ancora i brividi.
RispondiEliminaOk, ma non perché l'Italia è uscita dai mondiali tanti sfollati torneranno nelle loro "case" ( http://www.segnidalcielo.it/2014/06/07/caos-e-terrore-in-brasile-170mila-sfollati-causa-mondiale/ ) o gli operai morti nella costruzione degli stadi risorgeranno o i tantissimi soldi spesi saranno recuperati... Ormai questo mondiale ha creato un sacco di problemi, l'unica cosa che credo si possa fare adesso è cercare di essere più consapevoli. Ma la gente che ha guardato il mondiale lo sa perché i brasiliani protestavano? O gli sembrano quattro facinorosi che gli volevano rovinare la festa?
RispondiEliminaQuesto mondiale, come quello che ha descritto Sabino, mi fa riflettere sulla situazione del Sud America. Spesso, più che nelle mani dello stato, tanti, grossi affari sono nelle mani della criminalità organizzata, dei narcotrafficanti ecc. e non so fino a che punto sia interesse dello stato contrastarli. Non vi ricorda un altro paese? E spesso negli affari che più muovono l'economia e anche l'interesse della gente ci sono dietro certi interessi che non hanno niente a che fare con lo sport. A questo punto meglio i ragazzini che giocano per strada o la partita di calcetto tra amici, davvero. Sabino, sei stato bravo, il tuo pezzo è molto interessante, la storia di questo giocatore agghiacciante.
Più che un altro stato, la FIFA mi ricorda un'altra organizzazione che in Sicilia conosciamo bene
EliminaFedericoMoccio
Caspiterina che pezzo di calcio al noir !
RispondiEliminaDi Escobar avevo letto qualcosa anni addietro, ma questo è guardare con una lente di ingrandimento dentro una ferita ancora aperta e purulenta.
Il tuo post dovrebbe farci riflettere: hanno trasformato uno sport sano e costruttivo in un business maledettamente agonistico e pieno di corrotti.
Bravo il Bisso.
L.I.
Lucia, secondo me è colpa del troppo denaro se il calcio ha perso il suo romanticismo. Ripeto: io lo vedo come lo sport più bello del mondo. E non sono il solo. Grazie.
EliminaBravo Sabino, bel post. È argomento delicato e attuale schifezza che il calcio "sport sano" di sano e pulito non ha nulla.
RispondiEliminaNina
Sai Nina, non hai torto a pensarla così. Grazie.
EliminaMi è piaciuto molto il pezzo che hai scritto Sabino, non conoscevo questa tristissima vicenda ed è desolante davvero che si possa morire per un autogol. Criminali senza scrupoli che soffocano paesi interi e che decidono la sorte di chiunque abbia la "malasorte" di intralciare i loro piani, i loro affari. Qualsiasi mondo diviene marcio se il denaro abbonda e cresce come una mala pianta.
RispondiEliminaAdele sono d'accordo con te specialmente nella tua ultima frase. Il calcio dovrebbe essere soltanto divertimento. Purtroppo è, anche e soprattutto, business.
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