mercoledì 28 maggio 2014

Alla faccia della mafia – vicenda del cantante neomelodico Pino Marchese



Pino Marchese nel cofano della 127 nera
Ma quanto si stava bene quando c'era don Vito, c'era pure il signor conte Cassina - suo grande amico - che era come un cane, ad ogni alzata di zampa pisciava e come niente spuntava un palazzo; era tutto cemento armato e muratori in nero che mettevano piani sopra piani che le montagne dei mandarini e dei limoni non si vedevano più; i padri di famiglia di Borgo Vecchio e di Borgo Nuovo lavoravano tutti, avevano le tasche piene e ringraziavano la mafia che gli faceva mettere le belle fette di carne a tavola.

mercoledì 21 maggio 2014

Pane, cicoria, tumazzo




Montagna dei Cavalli
Un uomo solo è costretto a pensare e a confrontarsi con i suoi pensieri. Si eliminano gli specchi e la solitudine è totalizzante, e il tempo che ti spella ti restituisce un’altra faccia incastrata in un altro corpo. L’anima quella no rimane nera perché il nero è un colore che sta bene con tutto. Il diavolo che intanto se la ride confuso dai versetti sottolineati dovrà sudarsela il gran cornuto.

Bastardi tutti! Una vita da zingaro, ma che volete farci, per la mia famiglia, la mia gente, questo e altro. Mi sento come Pinocchio, anche se io bugie non ne dico, sono in giro per il mondo con il mio libro sottobraccio. Senza quello non mi muovo.

mercoledì 14 maggio 2014

Lettera 35 - I pizzini dello zio Binnu

Il tavolo dove scrive annota e legge il mio maestro è rettangolare. È un piccolo tavolo e mi sono sempre chiesto perché non volerne uno più grande. Forse l'ho capito, lui è uno che vuole stare solo, in silenzio. Solo con se stesso - è un tavolo per uno. 
Quando qualcuno lo guarda con insistenza lui si scoccia e sbatte con rabbia la porticina che fa da sfondo alla complessità della sua mente. Eppure è proprio una brava persona. Lui legge la Bibbia. Lo zio Binnu - è così che si fa chiamare da noi - ha sempre quegli occhiali tondi tondi che gli danno un'aria da intellettuale, ma che dico, da vero e proprio scrittore! Guai a chi tocca la sua macchina da scrivere. 

mercoledì 7 maggio 2014

Attilio Manca: la trattativa Stato-Mafia


Un messaggero, a proposito di Bernardo Provenzano, ha rivelato di una trattativa volta alla consegna del latitante già nel 2003 e poi nel 2004 - questi avrebbe contattato il procuratore nazionale antimafia Vigna per avviare una trattativa: il latitante avrebbe chiesto due milioni di euro da destinare a persona non definita e trenta giorni di protezione prima di entrare in un carcere di suo gradimento; in questi trenta giorni Provenzano avrebbe raccontato fatti di sua conoscenza, a patto che non ci fosse nessun magistrato siciiano. La trattativa non ebbe buon esito, benché i soldi Nicolò Pollari, capo dei servizi segreti, li avrebbe trovati;  si temeva che la terza persona fosse un terrorista; affinchè la trattativa andasse a buon fine il messaggero avrebbe dovuto rivelare il nome della terza persona. E intanto alla Procura Nazionale Antimafia arrivava Pietro Grasso che non riteneva che l'informatore fosse affidabile. La prima visita in Procura Nazionale il messaggero la compie il 10 dicembre 2003, la seconda il 15 luglio 2004. Pietro Grasso chiede una prova del dna del boss (che lui ha in quanto sa che Provenzano è stato operato a Marsiglia), anche un fazzoletto o un bicchiere (del messaggero ne parla il giornalista Sandro Ruotolo che incontra il messaggero che nega l'esistenza di un terzo uomo).
Pietro Grasso commette un errore, afferma che Provenzano fu catturato nel marzo del 2006 e non l'11 aprile 2008 il giorno dopo quelle elezioni vinte dal centrosinistra sebbene per pochi voti di vantaggio e tante polemiche circa brogli elettorali. Secondo Vigna e i suoi due viceprocuratori Cisterna e Macrì, Provenzano con i due milioni voleva dimostrare di essere stato venduto.
Quando il messaggero seppe che avevano catturato Provenzano, esclamò "l'avete venduto".
Quanto ai soldi che dovevano servire per comprare Provenzano, pare che siano stati destinati alla liberazione dei quattro italiani ostaggi di un gruppo di miliziani iracheni autoproclamatosi "Falangi Verdi di Maometto" (Umberto Cupertino, Maurizio Agliana, Salvatore Stefio; il quarto ostaggio, Fabrizio Quattrocchi, fu ucciso. I quattro si trovano in Iraq in quanto mercenari assunti da una società di servizi, al Presidium Corporation).
E misterioso sarebbe un altro suicidio, quello di Francesco Pastoia, suicida in carcere il 28 gennaio del 2005 (alle 06.00 dormiva in branda, alle 06.05 pendeva da una lenzuolo usato a mo' di corda). E' lui ha rivelare dell'intervento subito da Provenzano a Marsiglia.
Francesco Pastoia si sarebbe suicidato perché durante il fermo aveva avuto modo di leggere le intercettazioni ambientali da cui si evinceva come, in tanti anni di operato, lui non era stato rispettoso della figura di Bernardo Provenzano (per esempio avendo compiuto omicidi senza autorizzazione e violando il codice di Cosa Nostra). O forse perché - come pubblicato dalla Gazzetta del Sud - Pastoia risultava aver detto che Provenzano era stato assistito da un urologo durante l'intervento a Marsiglia. 
La vicenda Manca aprirebbe un varco sulla trattativa tra Cosa Nostra e Stato, gli spostamenti di Provenzano dimostrerebbero come lo Stato era in grado di sapere dove si trovasse ma non lo arrestava. 
La verità è che non si deve parlare di tutto ciò che ruota intorno alla latitanza di Bernardo Provenzano. C’è un diktat che parte dalla Direzione nazionale antimafia, dalle istituzioni, dai servizi proprio in merito alla trattativa; Ciancimino junior, per il quale  «tutto il Lazio è stato penetrato dalla mafia», ha detto: «Trattare con la mafia vuol dire arrendersi. La mafia si batte. Trattando, lo Stato ha alzato bandiera bianca». Massimo Ciancimino su 100passijournal

Giorgio D'Amato