Un messaggero, a proposito di Bernardo Provenzano, ha rivelato di una trattativa volta alla consegna del latitante già nel 2003 e poi nel 2004 - questi avrebbe contattato il procuratore nazionale antimafia Vigna per avviare una trattativa: il latitante avrebbe chiesto due milioni di euro da destinare a persona non definita e trenta giorni di protezione prima di entrare in un carcere di suo gradimento; in questi trenta giorni Provenzano avrebbe raccontato fatti di sua conoscenza, a patto che non ci fosse nessun magistrato siciiano. La trattativa non ebbe buon esito, benché i soldi Nicolò Pollari, capo dei servizi segreti, li avrebbe trovati; si temeva che la terza persona fosse un terrorista; affinchè la trattativa andasse a buon fine il messaggero avrebbe dovuto rivelare il nome della terza persona. E intanto alla Procura Nazionale Antimafia arrivava Pietro Grasso che non riteneva che l'informatore fosse affidabile. La prima visita in Procura Nazionale il messaggero la compie il 10 dicembre 2003, la seconda il 15 luglio 2004. Pietro Grasso chiede una prova del dna del boss (che lui ha in quanto sa che Provenzano è stato operato a Marsiglia), anche un fazzoletto o un bicchiere (del messaggero ne parla il giornalista Sandro Ruotolo che incontra il messaggero che nega l'esistenza di un terzo uomo).
Pietro Grasso commette un errore, afferma che Provenzano fu catturato nel marzo del 2006 e non l'11 aprile 2008 il giorno dopo quelle elezioni vinte dal centrosinistra sebbene per pochi voti di vantaggio e tante polemiche circa brogli elettorali. Secondo Vigna e i suoi due viceprocuratori Cisterna e Macrì, Provenzano con i due milioni voleva dimostrare di essere stato venduto.
Quando il messaggero seppe che avevano catturato Provenzano, esclamò "l'avete venduto".
Quanto ai soldi che dovevano servire per comprare Provenzano, pare che siano stati destinati alla liberazione dei quattro italiani ostaggi di un gruppo di miliziani iracheni autoproclamatosi "Falangi Verdi di Maometto" (Umberto Cupertino, Maurizio Agliana, Salvatore Stefio; il quarto ostaggio, Fabrizio Quattrocchi, fu ucciso. I quattro si trovano in Iraq in quanto mercenari assunti da una società di servizi, al Presidium Corporation).
E misterioso sarebbe un altro suicidio, quello di Francesco Pastoia, suicida in carcere il 28 gennaio del 2005 (alle 06.00 dormiva in branda, alle 06.05 pendeva da una lenzuolo usato a mo' di corda). E' lui ha rivelare dell'intervento subito da Provenzano a Marsiglia.
Francesco Pastoia si sarebbe suicidato perché durante il fermo aveva avuto modo di leggere le intercettazioni ambientali da cui si evinceva come, in tanti anni di operato, lui non era stato rispettoso della figura di Bernardo Provenzano (per esempio avendo compiuto omicidi senza autorizzazione e violando il codice di Cosa Nostra). O forse perché - come pubblicato dalla Gazzetta del Sud - Pastoia risultava aver detto che Provenzano era stato assistito da un urologo durante l'intervento a Marsiglia.
La vicenda Manca aprirebbe un varco sulla trattativa tra Cosa Nostra e Stato, gli spostamenti di Provenzano dimostrerebbero come lo Stato era in grado di sapere dove si trovasse ma non lo arrestava.
La verità è che non si deve parlare di tutto ciò che ruota intorno alla latitanza di Bernardo Provenzano. C’è un diktat che parte dalla Direzione nazionale antimafia, dalle istituzioni, dai servizi proprio in merito alla trattativa; Ciancimino junior, per il quale «tutto il Lazio è stato penetrato dalla mafia», ha detto: «Trattare con la mafia vuol dire arrendersi. La mafia si batte. Trattando, lo Stato ha alzato bandiera bianca». Massimo Ciancimino su 100passijournal